Osservatorio Islam-Europa

a cura di Stefano Allievi, Daniela Melfa e Gennaro Gervasio


22. gennaio 2007

Carissimi,

in questo numero dell'Osservatorio ci soffermiamo anzitutto sul caso Welby proponendovi l'articolo di Eleonora Martini uscito sul Manifesto, No a eutanasia e testamento, ma per l'Islam ogni caso è diverso (vedi allegato), in cui si confrontano le opinioni di Dariusch Atighetchi, Abdoulkheir Breigheche, l'imam Khaldij e Hamza Piccardo.

In merito invece alle dichiarazioni del ministro Amato sui finanziamenti alle moschee vi suggeriamo la lettura dell'articolo di Fiorenza Sarzanini, «Controlli su chi finanzia le moschee» (Corriere della Sera), http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/01_Gennaio/05/moschee.shtml, e del commento di Enzo Mangini, Più sicuri?, http://www.carta.org/editoriali/index.htm. Interessanti sono anche le considerazioni che, a titolo personale, ha fatto Hamza Piccardo. Le riportiamo di seguito sottolineando che esse testimoniano l'esistenza di una dialettica all'interno all'Ucoii.

Hamza Piccardo, attuale portavoce e del Consiglio Direttivo UCOII e per otto anni segretario nazionale della stessa organizzazione, interviene a titolo personale, nel dibattito innescato dalle dichiarazioni del ministro Amato sul finanziamento delle moschee. "Amato farebbe bene a dire a quali moschee si riferisce e a quali Stati stranieri. Mi risulta che le uniche situazioni che ricevono o che hanno ricevuto soldi da Stati esteri siano la grande Moschea di Roma e la Coreis. Il Centro Islamico ai Parioli, è stato costruito infatti con fondi provenienti in grandissima parte dall'Arabia Saudita e per qualche spicciolo da diversi paesi i cui ambasciatori siedono nel consiglio d'amministrazione, ed è gestito grazie al regolare finanziamento dello stesso Regno mediorientale attraverso la Rabita al islamiyya di Mecca (Lega Islamica Mondiale) una ONG saudita, totalmente dominata dal movimento fondamentalista wahhabita. La Coreis, per la sempre costruenda moschea di via Meda a Milano, ha ricevuto un sostanzioso finanziamento dalla stessa Rabita. Tutte le altre moschee sono gestite con i sudati soldi che escono dalle tasche dei loro frequentatori. Va da sè che alcuni grossi progetti in corso nelle principali città d'Italia, per dotare il nostro paese di edifici di culto islamico dignitosi, sperano nella generosità di privati e istituzioni musulmane nel mondo che hanno a cuore la vita spirituale dei loro correligionari cittadini o residenti nella penisola. Dove sarà mai lo scandalo e la minaccia? Chi si scandalizza se le Missioni Consolata, ad esempio, raccolgono denaro in Italia per costruire una chiesa in Africa?
Il problema non è tanto da dove vengono i soldi ma come si usano e, nel nostro caso, la trasparenza delle nostre attività è garantita da una pratica ultra ventennale e da un controllo minuzioso degli organi di polizia e d'intelligence. Continuare come fa Amato a parlare di Islam in termini securitari non gli fa onore e lo mette al livello della Santanchè. Lavoro del ministro sarebbe invece quello di vigilare e denunciare comportamenti devianti se ne avesse prova, e non agitare l'opinione pubblica con dichiarazioni allarmistiche" .
Un'ultima stoccata Piccardo la riserva alla Consulta Islamica d'Italia. "E' un organismo inidoneo ad affrontare le problematiche della comunità idei musulmani in Italia per la sua intrinseca estraneità al meccanismo democratico e all'ordinamento dello Stato. Nonostante le dichiarazioni programmatiche di Pisanu, mai rettificate da Amato, la Consulta sta diventando un ente considerato come rappresentativo dalle istituzioni, prova ne sia l'audizione presso la Commissione affari costituzionali il 10 gennaio in merito alla nuova legge sulla libertà religiosa.
Senza nessuna legittimità democratica, con scarsa relazione con l'insieme della comunità e con competenze specifiche del tutto inadeguate, la Consulta usurpa un ruolo che non le compete. In queste condizioni non è più possibile accettare la permanenza UCOII nella Consulta Islamica. Se il parere della maggioranza dei miei fratelli e sorelle fosse diverso io mi considero già dimissionario dall'appartenza al Consiglio direttivo e quindi dalla carica di Portavoce".

Un altro interessante articolo, che è apparso su OpenDemocracy, fa il punto dell'attuale dibattito intraislamico in Gran Bretagna: Telling Muslim tales di Mukul Devichand, OpenDemocracy 29/12/2006 (http://www.opendemocracy.net/conflict-terrorism/muslim_tales_4219.jsp#).

Quanto alle ricerche, segnaliamo il Rapporto dell'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia (Eumc) diffuso il 18 dicembre 2006: Muslims in the European Union: Discrimination and Islamophobia

http://eumc.europa.eu/eumc/index.php?fuseaction=content.dsp_cat_content&catid=3fb38ad3e22bb&contentid=4582d9f4345ad. Per una presentazione sintetica dei risultati si veda l'articolo di Gabriele Carchella, Europa, L'Islam fa paura

http://www.lettera22.it/showart.php?id=6322&rubrica=135.


Infine, vi segnaliamo la pubblicazione di alcuni volumi e il bollettino del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO) che ha per titolo Islam in Europa. Islam europeo e contiene, tra altre cose, gli atti integrali del convegno internazionale organizzato dal Centro a Milano nel 2005 su questo tema.

Ida Zilio-Grandi (a cura di)

Sposare l'altro. Matrimoni e matrimoni misti nell'ordinamento italiano e nel diritto islamico

Marsilio, 2006, pp.168, € 15,00

http://www.marsilioeditori.it/schedalibro.htm?codice7=3179128

La società italiana porta una presenza signi?cativa di popolazioni a varia provenienza nazionale e tradizione culturale, che intrattengono differenti forme di rapporti con il contesto del nostro paese; tra queste spiccano le componenti di tradizione islamica.
Sono sempre più numerosi in Italia come altrove nell’Europa occidentale i matrimoni e le convivenze “con disparità di culto”: unioni al cui interno si intrecciano norme, valori e comportamenti dissimili, sollecitando il riconoscimento delle differenze e delle identità culturali di ciascuno.
A partire da una riflessione sulla presenza italiana di famiglie a tradizione culturale mista, questo volume intende fornire alcune risposte sulla possibile compatibilità di leggi e tradizioni esplorando innanzitutto le basi del matrimonio secondo le dottrine e le prassi giuridiche coinvolte (il diritto islamico, il diritto canonico e il diritto civile italiano). Ci si chiede se e come la normativa matrimoniale islamica possa interagire con la residenza dei coniugi musulmani e con disparità di culto nel nostro paese, e quali siano gli effetti civili dei matrimoni contratti o resi nulli o sciolti dalle autorità religiose sui due versanti. La normativa italiana riconosce, ad esempio, l’eventualità poligamica del matrimonio islamico? e il suo scioglimento tramite “ripudio”? e riconosce pari diritti ai bambini nati da un primo matrimonio musulmano e a quelli nati da un matrimonio ulteriore? Cosa accade per quanto riguarda l’obbligatorietà della scuola pubblica quando i bambini sono di tradizione culturale islamica? ha senso parlare di educazione o istruzione islamica in Italia?
Saggi di: Stefano Allievi, Paolo Branca, Agostino Cilardo, Alessandro Ferrari, Sergio La China, Letizia Mancini, Luciano Musselli.

Antonio Ferrari

Islam sì, Islam no. Le colpe dei musulmani e le nostre

Le Lettere, 2006, pp. 144, € 12,50

http://www.lelettere.it/site/e_Product.asp?IdCategoria=&TS02_ID=1228

Fra i maggiori conoscitori delle vicende mediorientali, che segue da un quarto di secolo come inviato speciale del «Corriere della Sera», Antonio Ferrari ci propone un volume che è come una sonda piantata nel cuore dei dieci Paesi musulmani più esposti: vittime e complici del loro destino. Si raccontano (con molti particolari inediti) i tentativi di annientare la famiglia reale giordana; le pericolose sbandate della società palestinese; le tentazioni dinastiche dell’Egitto; le manovre di una Siria isolata; le fragilità del Libano; il disastro dell’Iraq; la minaccia iraniana; i segreti dell’Arabia Saudita; la scommessa europea degli islamici turchi; l’ambigua posizione del Pakistan; i retroscena degli attentati contro il presidente-dittatore Pervez Musharraf e così via.
Un’analisi che porta l’autore a conclusioni ben precise. Il terrorismo islamico che spaventa il mondo ha un nemico su tutti: l’Islam. E un obiettivo prioritario: abbattere con la violenza i regimi moderati. La democrazia, che si vorrebbe innestare nell’Islam, rischia di favorire gli estremisti. Anzi, li ha già favoriti.

Monica Massari

Islamofobia, La paura e l'islam

Laterza, 2006, pp. 149, € 10.00


Descrizione

La presenza dell'islam fa paura ed evoca una nuova forma di razzismo dentro cui si condensano e prendono forma un'angoscia e un rancore antichi e nuovi insieme. In questo libro parlano donne e uomini di fede islamica residenti nel nostro paese - immigrati, ma anche italiani convertiti - in un percorso che scavalca il pregiudizio e la discriminazione.

Monica Massari, sociologa, ha lavorato come esperta associata presso il Centro internazionale per la prevenzione della criminalità delle Nazioni Unite di Vienna fino al 2000. Attualmente svolge attività di ricerca presso l'Università della Calabria ed è consulente per diversi organismi internazionali, organizzazioni non governative e istituti di ricerca.

ISLAMOFOBIA, LE TESI DELLA SOCIOLOGA MONICA MASSARI

(ANSA) - ROMA, 10 nov - Il saggio di Monica Massari, sociologa e studiosa attenta ai problemi della globalizzazione, è un viaggio nella paura e nell'Islam discriminato dall'Occidente. Che cos'è l'islamofobia e come si manifesta, secondo lei? Una forma di vero e proprio razzismo e non di semplice intolleranza religiosa - risponde la studiosa - l'islamofobia deriva da una curiosità morbosa e tende velocemente a trasformarsi in rifiuto e stigmatizzazione, è un'ideologia che si concretizza come rapporto sociale che porta alla discriminazione, all'odio, al disprezzo e all'esclusione. Una nuova forma di razzismo che si esplicita chiaramente dopo l'11 settembre, dopo essere stata incubata lungamente sin dagli anni '80, nutrendosi di 'sentito dire', paura e passione aggressiva. Il sentimento di alterità della cultura islamica provoca angoscia e risveglia rancori antichi e nuovi insieme. La creazione di un capro espiatorio nasce, secondo la tesi della studiosa, dal bisogno di indirizzare verso un nemico le tensioni 'insopportabili' prodotte da processi sociali più grandi di noi - come i processi della globalizzazione - e viene appagato dall'odio. Una sorta di «licenza di odiare gli islamici, offerta come su un piatto d'argento dopo gli attentati terroristici di al-Qaida». Sono parole di Renate Siebert, allieva di Adorno, studiosa del tema del pregiudizio - anche nelle sue forme meno esplicite - autrice della prefazione al libro. Monica Massari ci fa fare un esercizio di sguardo differenziato su islam e immigrazione tramite l'osservazione della quotidianità di persone di fede islamica nel contesto sociale italiano: c'è la donna col velo buttata fuori dall'autobus, ci sono i bambini puntati col dito a scuola e fatti oggetto di curiosità e c'è chi non riesce a trovare un alloggio in affitto. Per le nuove generazioni cresciute in Italia, la cosiddetta seconda generazione, l'Islam è vissuto come appartenenza, come orizzonte di senso comunitario col quale identificarsi, una risorsa, un capitale sociale che l'individuo spende all'interno dei propri rapporti sociali. E' proprio alla costruzione di questa alterità irriducibile e irrinunciabile, sentita però come nemico interno xenofobicamente connotato, che hanno contribuito - secondo la Massari - la Lega Nord, alcune parti della Chiesa cattolica e singoli intellettuali non solo di destra ma anche progressisti, per non parlare dei messaggi dei mass media che diffondono stereotipi fuorvianti e immagini fittizie della realtà - pensiamo all'equivalenza piuttosto sommaria tra islam e terrore. Vittime privilegiate di questo nuovo razzismo pare siano le donne e i bambini, per via dell'abbigliamento, per via della fragilità. E le tesi del libro vanno anche oltre: l'islamofobia somiglia tanto all'antisemitismo storico. Tutt'e due traggono spunto dall'idea che la religione dell'altro sia immutabile, monolitica e sottratta al cambiamento. Le donne e gli uomini che raccontano la loro storia sono espressione proprio di quel 'filtro cognitivo' fra loro e il mondo, tra 'loro' e 'noi': il che non serve a costruire rapporti di reciprocità e di riconoscimento nel nome dell'universale e necessario rispetto dei diritti della persona, di cui ormai si rischia di fare solo un gran parlare.

Tariq Ramadan

L’ Islam in Occidente. La costruzione di una nuova identità musulmana

Rizzoli, 2006, pp. 333, € 17.50, Collana Osservatorio straniero

Descrizione

Presentato da "Time" come uno dei cento protagonisti del dibattito politico internazionale, Tariq Ramadan è un intellettuale carismatico e controverso. Autore di testi imprescindibili per chi voglia capire l'Islam di oggi, con questo libro ha dato vita al suo saggio più importante, incentrandolo sul coraggioso progetto di un'identità islamica che guardi a Occidente, capace di assorbire e valorizzare il duro e fruttuoso impatto con una cultura diversa, spesso percepita come un'autentica minaccia. Eppure in Europa e negli Stati Uniti vivono ormai da anni milioni di musulmani, non più immigrati, ma autentici cittadini con esigenze e aspirazioni legittime. Scongiurando il rischio di un volontario isolamento, Ramadan illustra un percorso riformista che, accantonata la difesa a oltranza della diversità, sappia coniugare la salvaguardia spirituale dell'Islam e le dinamiche sociali di un mondo moderno e secolarizzato. Così, mentre riconosce il diritto dei musulmani a frequentare scuole confessionali, Ramadan si chiede quanto sia saggio esercitare quel diritto; e ricorda alle ragazze che, di fronte alla scelta tra andare a scuola e indossare il velo, è la scuola che dovrebbero scegliere. I musulmani che vivono nei Paesi occidentali devono rivendicare il loro ruolo di cittadini, riconoscendo la fondamentale autonomia della sfera legislativa da quella religiosa, guardando al Corano senza trascurare gli esiti più maturi della riflessione politica contemporanea.

Elizabeth Poole & John E. Richardson (edited by)

Muslims and the News Media

London, IB Tauris, 2007 (paperback edition)

Introduction: Elizabeth Poole & John E Richardson

Part 1 Context, Politics and Production

1 New Labour, Multiculturalism and the Media in Britain: Siobhan Holohan

2 Anti-Arab Prejudice in the UK: the BBC Response: Fred Halliday

3 Racial Profiling and the War on Terror: Liz Fekete

4 Propaganda and the 'terror threat' in the UK: David Miller

5 Still no Redress from the PCC: Julian Petley

6 Mixed Communities: Mixed Newsrooms: Peter Cole

7 Islamic Features in British and French Muslim Media: Isabelle Rigoni

Part 2 Media Output

8 The Effects of September 11th and the War in Iraq on British Newspaper Coverage: Elizabeth Poole

9 Who Gets to Speak? A Study of Sources in the Broadsheet Press: John E Richardson

10 American Media’s Coverage of Muslims: The Historical Roots of Contemporary Portrayals: Karim H. Karim

11 Australians Imagining Islam: Peter Manning

12 Joined forces: The IDF and the Israeli Press Reporting of the Intifada: Alina Korn

13 Towards an Islamic Information Revolution?: Gary Bunt

Part 3 Audience Practices

14 The Media Consumption of Young British Muslims: Sameera Ahmed

15 Arab Public Opinion in the Age of Satellite Television: The case of Al Jazeera: Mohamed Zayani

16 Framing the Other: Worldview, Rhetoric and Media Dissonance since 9/11: Lawrence Pintak

17 Bad News and Public Debate about the Israel-Palestine Conflict: Greg Philo & Mike Berry

Synopsis

Muslims have featured in many of the more significant news stories of the past few years - yet shockingly very few of these stories have been about anything other than the 'war on terror'. This urgently relevant book examines the role and representations of Muslims in the news media, particularly within a climate of threat, fear and misunderstanding. Written by both academic authorities and media practitioners, "Muslims and the News Media" is designed as a comprehensive and critical textbook and is set in both the British and international context. Bringing together a range of insightful perspectives on the subject into a coherent whole, the book clearly establishes the links between context, content, production and audiences, thus reflecting the entire cycle of the communication process. It reveals both the ways in which meaning is produced and reproduced in the news media, and the ways in which audiences themselves, both Muslim and non-Muslim, use or consume this media. Significant too and discussed here is the role of Muslims themselves in the processes of news production. Clarifying the circumstances and politics surrounding the representation of Muslims across a range of journalistic genres, "Muslims and the News Media" provides crucial insights into the representation - and misrepresentation - of Islam and Muslims today.


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Islam in Europa. Islam europeo


Numero 10 con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Fondazione Cariplo

Direttore: Janiki Cingoli
Capo Redattore: Maurizio Debanne
Redazione: Veronica Trevisan

La Newsletter, organo di informazione del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente, è un'iniziativa editoriale realizzata con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri Italiano e della Fondazione Cariplo, che mira a fornire ai policy makers, ai Centri di ricerca, agli esperti, ai giornalisti, agli studenti e a tutti coloro che ne facciano specifica richiesta, una maggiore comprensione delle dinamiche mediorientali.


La prima Newsletter CIPMO del 2007 è dedicata ad un tema su cui il Centro sta lavorando da tempo, quello dell'Islam in Europa. L'Islam quindi non come fenomeno esterno, ma come componente integrante dell' identità europea.
Un tema che, nelle sue molteplici sfaccettature, giuridiche, culturali, sociali, è più che mai di primo piano. Dalla tematica dei finanziamenti alle moschee, a tutte le questioni connesse alla creazione di scuole musulmane e alla formazione degli imam; agli aspetti riguardanti il matrimonio e i rapporti di famiglia; all'insegnamento per i bambini e la possibile organizzazione di corsi di arabo nelle scuole pubbliche.

Partendo dai risultati emersi durante un convegno internazionale organizzato dal CIPMO nel 2005 su iniziativa del Comune di Milano, di cui in questa occasione rendiamo disponibili gli atti intergrali, è stato redatto un decalogo, contenente riflessioni e proposte da alcuni dei più importanti esperti del campo, con l'intento di stimolare istituzioni e cittadini a riflettere e agire insieme, sulla base di un intento comune.

Tale materiale è arricchito da significativi commenti di questi esperti. Questo filone di intervento resterà una componente essenziale del programma di iniziative CIPMO anche per il 2007, che comprendono come sempre attività di carattere più riservato, o di diplomazia parallela, e altre di natura pubblica, a carattere culturale e informativo, come il nuovo Ciclo “Cattedra del Mediterraneo”. Tra i temi previsti per il ciclo 2007: gli sviluppi del conflitto israelo-palestinese, l'enigma Siria, la sfida dell' Iran, i percorsi dell'Islam, l'Islam in Europa.

I dettagli di queste e numerose altre iniziative, ancora in fase di preparazione, saranno puntualmente inseriti nel nostro sito www.cipmo.org, e presentati nelle prossime newsletter.


Editoriale

Islam che fare
di Janiki Cingoli
Il decalogo di proposte sull’Islam in Italia e in Europa, da noi avanzate con la collaborazione di alcuni tra le più autorevoli personalità che si occupano di questi problemi, rappresenta lo sviluppo conseguente di una elaborazione e di un percorso avviati con il Convegno "Islam in Europa. Islam europeo" organizzato nel 2005 dal CIPMO, su impulso del Comune di Milano. Si tratta, senza dubbio, di un corpus di materiali importanti, che viene posto a disposizione, oltre che degli studiosi, degli opinion maker e dei decision maker... continua


Articoli

C'è bisogno di dialogo. Sopratutto sociale
di Amb. Mario Scialoja
Il dialogo interreligioso è certamente assai utile, purché non si concentri su temi teologici ma analizzi i problemi globali che l’umanità odierna si trova a confrontare. Ma ancor più importante del dialogo interreligioso è quello sociale. In questo senso, proprio per l’attenzione a questi temi, il decalogo riveste una grande importanza... continua

"Deislamizziamo" la questione islamica
di Silvio Ferrari
I musulmani sono in Europa per restarci e penso che l’unico modo costruttivo per affrontare il problema sia quello di includerli nell’identità europea: il che vuol dire accettare l’idea che tanto l’identità dei musulmani che arrivano qui quanto quella degli europei che vi abitano venga trasformata da questo incontro non programmato, forse neanche desiderato, ma reale e da cui bisogna trarre tutto il bene possibile... continua

Un ordinamento giuridico che valga per tutti
di Lucio Caracciolo
Credo che esista un problema culturale profondo, cioè una scarsa conoscenza reciproca, in cui noi italiani ignoriamo più cose degli immigrati di quante ignorino loro di noi... continua

Non è più possibile l'indifferenza tra comunità religiose
di Paolo Branca
La mia esperienza personale negli ultimi venti anni e oltre già mi conforta, nel senso che qualche decennio fa non era così semplice iniziare un'interlocuzione e fare delle proposte... continua


Iscrizione al Reg. Nazionale della Stampa n° 406 del 07/06/04
Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente